Non viaggio per turismo. Lo considero fuori tempo massimo, abbiamo consumato tutto e le modalità del viaggio di massa mi urtano. Viaggio se e quando la meta o la vita accendono la necessità di esplorare o di evadere, non solo da luoghi fisici. Avevo bisogno di questo viaggio, di mettere migliaia di km tra me e quello che ho vissuto ultimamente, tra me e i miei pensieri, tra me e quello che vorrei fare da qui in avanti. A volte bisogna cambiare la prospettiva. Eppure non ho avuto voglia, negli ultimi anni – anche prima della pandemia, di spostarmi. Nessun posto mi attraeva emotivamente. Mi è servito qualche libro per desiderare di andare di persona da qualche parte. Letture e serie tv mi hanno suggerito, nel loro modo lento e indiretto, alcune mete ideali: i Paesi Baschi (Patria di Aramburu), il Dorset (Broadchurch), Lagos in Nigeria (ho letto diversi libri di scrittori nigeriani ultimamente, l’ultimo Resta con me, il romanzo d’esordio di Ayòbámi Adébáyò, bellissimo) e le Hawaii (e qui credo che il motivo principale siano i surfisti, nessuno è perfetto).
Ho scelto i Paesi Baschi perché potevo andarci in macchina, una Panda milleetré che si è dimostrata un prodigio e ringrazio la Fiat per aver messo in produzione una sì forte e sicura macchinina. Ho scelto i Paesi Baschi perché il senso di spaccatura radicale suggerita dalla storie delle famiglie protagoniste del libro Patria assomigliava in qualche moda alla ferita che sto ancora cercando di guarire, dopo aver perso il mio migliore amico. Qualcosa di inesorabile, violento, amato, perduto. Da cui non si esce uguali.
Ecco le tappe del mio viaggio in solitaria: San Vincenzo- Cassis (Francia). Cassis-San Sebastian. San Sebastian-Saintes Maries de la Mer. Saintes Maries de la Mer- San Vincenzo.
Parte di questo viaggio l’ho passato sulla strada. Ed è da lì che comincerò.
1a tappa: San Vincenzo – Cassis (Francia). Sulla strada
Sapete quell’espressione (che detesto, tanto per cominciare) che dice che il viaggio non è la destinazione ma il percorso? Io l’ho appena sperimentata passando 30 ore 30 sulla strada (un giorno e qualche ora), a bordo di una Fiat Panda grigio perla che è sfrecciata per ben 3000 km, andata e ritorno da San Vincenzo a San Sebastian – Paesi Baschi.
Un amico, prima della partenza, mi ha detto: Ma io tutte quelle ore solo in macchina mi annoierei.
E io, saputissima, ho risposto: Ma no, ascolterò dei Podcast.
Non ho ascoltato nessun podcast nei 620 km tra San Vincenzo e Cassis. Non ho nemmeno acceso la radio. Diciamo che i miei pensieri erano abbastanza impegnativi e tenevano una gran compagnia e poi dovevo seguire il navigatore. La cosa buona è che Autostrade per l’Italia ti viene incontro fornendoti ogni tipo di intrattanimento: cambi di corsia, rallentamenti, code, restringimenti di carreggiata, code per lavori, uomini su strada – tutti a tagliare le siepi, ma con questo caldo li fate schiantare – insomma tante attività e caroselli e luci e svolte che non ti concedono tregua: sei sempre a scalare marce e ripartire. Poi, arrivi in Francia. Lì i lavori li fanno con nonchalance. Ogni tanto c’è un cartello con scritto Des Travaux ma poca cosa. Passati da Mentone, vieni però assalito dal dubbio di aver trascurato per anni uno strumento fondamentale alla guida: il freno motore. “Usa il freno motore”, dice il cartello. E poi: utilisez votre frein moteur. E dopo un po’: usa il freno motore con l’immagine di un camion che fa scintille sotto la ruota.
Perché, ti domandi, perché io non uso il freno motore? Ovvero: perchè consumo le pasticche dei freni invece che scalare marcia e lasciare che sia quello a frenare tutto il veicolo?
Azzardo una risposta. Perchè noi abbiamo i ponti. Che ci tengono più o meno sulla stessa pendenza in autostrada, anche dove di su è giù ce ne sarebbero tantissimi. Su quelle francesi invece se non usi il freno motore, con quelle salite e discese le pasticche le fumi con tre weekend in Costa Azzurra. Quindi coscienziosamente, ho messo la quarta e usato il freno motore, assecondando i cartelli.
Ma poi, in autostrada in Francia non ti puoi annoiare. perché ogni 10 km…c’è la Gare peage (la stazione pedaggio). Mica come noi che entri in un posto e paghi quando esci. No, che banalità, vivacizziamo l’autoroute. Sicché ti fermi e paghi e poi ti rifermi e paghi? No, prendi il biglietto, poi ti rifermi metti il biglietto e paghi e poi ti rifermi e paghi e dopo un po’: riprendi il biglietto. Una cosa assolutamente assurda, ma devo dire funziona molto contro la noia. Ho notato (anche la mia carta di credito) che sotto la segnalazione periodica della stazione di pedaggio, è stato messo un cartello su fondo rosso: Noveau!! Sans contact. I francesi sono degli entusiasti: hanno annunciato la novità del pagamento contactless come un evento. Cioè: una sensazionale novità tutta da provare. Ci deve essere stata gente che, saputa la cosa, è partita apposta per pagare l’autostrada anche se non doveva andare da nessuna parte, solo per provare l’ebbrezza del sans contact (e comunque se non ce la stampi sopra al lettore, la sbarra non si alza, ma non voglio affrontare qui il tema del nome assurdo di questo metodo di pagamento).
La prima tappa in autostrada come peraltro le altre tre hanno portato però alla scoperta di un enorme plus delle autostrade francesi: le aree di servizio. Con parcheggi ben divisi tra auto e tir, ombreggiate, fornire di tanti tavoli pic nic e con vista su boschi popolati di tavolini per mangiare in pace e socialmente distanti. Ci sono aree con solo parcheggi e servizi e altre come lo nostre col bar e il distributore di benzina, ma ci sono aree con anche “parchi archeologici” o “sentieri per trekking” s. Veramente uno in Francia parte solo per fare un giro in autostrada, pagare san contact e andare all’area di servizio. Che giusti.
Continua.
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