Questa la mia rubrica Last Page di Casamica che, a richiesta di un lettore, inizierò anche a pubblicare sul blog, dopo l’uscita sul giornale. Col tempo le metterò tutte. Intanto buona lettura. Per più notizie su design invece guardate AtCasa.it
LAST PAGE
Tanti anni fa, un collega con valigetta di cuoio al seguito e sigaro in bocca, ad una cena tra giornalisti, mi chiese a bruciapelo: “Ma tu sei turista o viaggiatrice?”.
Immediatamente “annusata” la trappola e in gesto di sfida, sapendo che viaggiatrice era la risposta da dare, tuonai: “Turista, perché?”
Allora era una provocazione, ma oggi, pensandoci bene, penso che fosse la verità. Perché all’atto pratico, il 90% delle persone che conosco, anche quelli che si professano viaggiatori, nei posti che visitano, se va bene, ci stanno tre giorni, e prima di partire conoscono già esattamente quello che faranno perché, con le ore contate, c’è poco da scialare.
Tutti turisti dunque, anche io. Di quelli che vanno alla mostra giusta, fanno colazione al caffè giusto, al ristorante giusto ordinano il piatto giusto, si presentano con l’abito giusto, e si fanno indirizzare dalla guida giusta (o anche dall’applicazione giusta, sbagliare quella, che caduta di stile). Insomma, di quelli che conoscono la città giusta, ma non la città.
Avere la consapevolezza di essere tutti miseri turisti, dovrebbe in parte ridimensionare le nostre pretese e darci la chance di fare anche una serie di sbagli programmatici da goderci spudoratamente. Esempio: comprare il pranzo a un alimentari (o al super, anche a quello bio, se siete fanatici) e bighellonare in un parco, finché non si viene assaliti da un cane o travolti da un pallone o abbordati da un homeless o scambiati per tali, addormentati sotto un tiglio all’ora di chiusura; se fa freddo, buttarsi in una biblioteca universitaria e quando, dopo tutta la trafila, scoprono che non siete studenti (ma non si vedeva dall’età?), uscire e andare al bar di fronte a bere una birra, promettendosi di ri-iscriversi all’università per una laurea in matematica; infilarsi alla presentazione di un libro di Anne Holt al consolato norvegese di Berlino e sentire la scrittrice che fa dichiarazioni illuminanti, tipo: “Leggete i libri gialli scritti nei paesi che volete visitare: lo scopo per cui si commettono i delitti (sesso?potere?soldi?) vi darà la scala di valori del paese stesso)”, uscire con il libro in tedesco in mano, non aprirlo mai, ma imparare a comprare libri gialli-tradotti di tutti i paesi che si intende visitare.
Insomma, buttare all’aria i programmi e adottare uno stato mentale take-it-easy, dovrebbe essere la vera vacanza, perché se anche quel minimo tempo libero che abbiamo deve esser organizzato a puntino come al lavoro e a casa: allora meglio starsene a casa, no?
E’ che abbiamo imparato a essere efficienti sempre, ce lo richiede il momento storico. Disinvolti ed efficienti, prima di tutto nel fare la valigia. Un maglione di cashmere per l’aereo, una pashmina, un pantalone di Uniqlo, i prodotti beauty divisi negli appositi contenitori 100ml e poi…poi che succede? Si arriva, si disfa la valigia intelligente da vacanze intelligenti, e tutto ci appare noioso e piatto, e così si corre fuori a comprarsi un poncho, un cappello di paglia, qualcosa che ci permetta di travestirci, di trasformarci, di assumere una fisionomia più simile a quella degli abitanti del posto, per confondersi con loro e venir risucchiati nel flusso della vita locale. Poi, certo, si acquistano anche spezie che non si useranno mai (io, in Sichuan, Cina, anche del maiale essiccato), perché alla fine, torniamo a casa, e qui anche il disco della bachata non sembra suonare allo stesso modo che là, e metterlo su ci fa sentire stupidi e nostalgici. Ma è così che deve essere. Lì e qui, a parte negli slogan della globalizzazione, sono posti diversi. Lì è affascinante, misterioso e per questo ci attrae. Qui è conosciuto e comodo, e per questo ci conforta. E’ questo cambiamento di stato il senso del viaggio, quello che ci arricchisce sempre. A parte quando di va da Livorno a Pisa…. (scherzo, che sono nata a Pisa e vissuta in provincia di Livorno, dunque so bene che vuol dire essere di lì e vivere qui… in perenne transizione).
Rispondi