Quando era piccola mi è sempre piaciuto colorare. Avete presente i quaderni con le figure da colorare? Ecco proprio quelle. Mi mettevo con tutti i miei colori, potevano essere pastelli a cera, pennarelli o matite colorate, per terra in casa. Nei primi quaderni non riuscivo a stare dentro ai bordi, anzi tracciavo solo una riga su una pagina e per me era colorata. Mia mamma ne ha tenuti alcuni e me li ha fatti vedere poco tempo fa mentre svuotavamo la cantina. Li ho guardati affascinata, come se fossero delle opera di Picasso o Kandinskij. I tratti erano marcati e pesanti con colori accesi e messi a caso: facce verdi, fiori neri, foglie blu, animali di vari colori. Forse ero troppo avanti…
Mi è venuto da sorridere perché da piccoli si prende tutto il pennarello con la mano come se fosse un bastone, e si calca sulla carta quasi a volerla rompere, e si vedono le cose con occhi sognanti e puri. Un po’ me lo ricordo, un po’ lo rivedo nei figli delle mie amiche. Solo verso i 6 anni si riesce a stare dentro i bordi dei disegni, si centrano i colori, poi si inizia a diventare virtuosi delle sfumature, salvo poi perdere interesse per questo tipo di giochi.
Devo dire che a me è un giochino che piace ancora, tanto che è uno dei primi che faccio sulla settimana enigmistica (riempi gli spazi con i puntini). E sono molto contenta che sul sito culture.chanel.com posso colorare virtualmente la mitica 2.55, la camelia e le scarpe bicolori. Ne ho già create diverse versioni. Mi scaricherò le immagini vuote, casomai dovessi avere una figlia femmina.
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