Mi piace parlare di nuovi territori, perché è una cosa che ci riguarda molto da vicino. E perché oggi siamo noi, le persone, il territorio di conquista delle nuova generazioni. Loro saranno pure i nativi digitali (che fa fenomeno e non hanno fatto nulla per meritarselo), ma noi siamo nella transizione e dunque siamo i veri mostri, capitati giusti giusti nella digital transiction.Su di noi si sta sperimentando la rivoluzione in termini di espansione di possibilità (life extension come extension dell’età pensionabile), di fusione con la tecnologia, di nuovi orizzonti sentimentali e, ahimé, professionali. Insomma tutto quello che succede, sta succedendo in primo luogo al nostro corpo e ai nostri sentimenti. Ecco 3 prove. MELTING POT: uomo+smartphone. Gli innesti non sono solo nel design, dove si azzardano accostamenti tra materiali. Anche noi abbiamo i nostri annessi. Una ricerca di Ofcom (l’autorità inglese per le telecomunicazioni) dice che gli inglesi vivono attaccati allo smartphone, lo portano anche al bagno (conversazione con mia madre: «Mamma, non è che papà è inglese?» «Ma che dici!» «No, era così per chiedere»). Si è sviluppata una vera dipendenza. Lo so, sono malata, ma è pur vero che il mio BlackBerry (a parte quando non lo metto in frigo perché si surriscalda) è più smart di tanti che conosco e inoltre posso zittirlo. La cosa preoccupante è che come una celebrity di L.A. lo tengo sempre in mano. Nell’altra non ho ancora la mug ma resta il fatto che risulta difficile guidare il motorino, aprire la porta, scrivere. Dunque mi tocca separarmene. Ora ad esempio giace sul tavolo, muto, in posizione supina perché si veda la luce rossa che avverte dell’arrivo di mail. Ho capito, consulterò uno specialista. EMOZIONI: nuovi shock virtuali (mica tanto). Anche nei sentimenti i confini sono più sfumati, le contaminazioni sono il prodotto della personalità in espansione combinata con un’attività di scambio virtuale meno compromettente di uno vero ma altrettanto emozionale. Talk to Me è la mostra al MoMA (pag. 115) ma anche la prima causa di stress, se non arriva l’sms desiderato. Seguono: arriva ma non è quello desiderato; arriva ma è così melenso che era meglio non averlo ricevuto; sei su FB, c’è anche lui e non ti scrive (grrr); sei su FB, lui ti scrive una frase melensa (vedi sopra); sei su FB, ti scrive e litigate fino a arrendervi all’evidenza che non ce n’è. Una mia amica non faceva che cancellare e richiedere l’amicizia a un suo amore. Per lei era il massimo grado di abiura sentimentale, pigiare il tasto delete e tornare libera. Ecco abbiamo un’estensione dell’età pensionabile e una regressione adolescenziale nel gestire i sentimenti. Se vivremo 100 anni, avremo tempo per crescere nelle questioni di cuore. Già adesso mi pareva non fossimo messi bene. La vedo grigia. NICE PRICE: lavori cangianti polidimensionali. Oggi devo aggiungere un tassello alla mia attività professionale. Devo fare delle foto, anzi ritratti, a 2 ristoratori milanesi per un giornale americano. Non hanno primi piani che non fossero scattati in vacanza, neanche un avatar digitale come François Roche (pag. 126). Dopo scambi di email notturne con New York (presente l’espansione di orari?), propongo: ci vado io. Nottetempo ho avuto una crisi di ansia. Perché non può andarci un fotografo? È una questione di soldi o tempo? O di professionalità che non hanno più confini? Vero, oggi saper un po’ fotografare fa parte del CV di un giornalista, come scrivere, conoscere almeno 2 lingue e twittare. Resta il fatto che con le luci sono una schiappa. Per fortuna oggi il cielo è grigio e posso scattare con la luce livida senza flash. Alle volte è bello vivere a Milano. Comunque, alla fine, avere 3 professioni in una va anche bene: visto che ci toccherà lavorare fino a 70 anni, meglio avere un’offerta ampia di attività. E luoghi che ci garantiscano la creatività a 360° come le stanze del servizio a pag. 152: musicisti, designer, pittori, scrittori, fotografi, architetti. O forse tutto insieme.
Rispondi