Victoria & Albert Museum presenta: Hollywood Costume, mostra-evento in cui l’esposizione di oltre 100 tra più celebri costumi di sempre ha un solo scopo. Celebrare il ruolo decisivo del costume designer nella creazione (e nella riuscita) di un personaggio cinematografico Tradotto: se mai è indifferente quello che si indossa, figuriamoci sullo schermo. Possibile immaginare Audrey Hepburn far colazione da Tiffany con un tubino diverso da quel capolavoro di little black dress disegnatole da Hubert de Givenchy? O Marylin, che quando la moglie è in vacanza, se ne sta in città a farsi rinfrescare dall’aria della subway senza abito bianco? Risposta: assolutamente no. Del resto “In ogni film, gli abiti sono la metà dell’impresa di dare vita a un personaggio. Diciamo molto attraverso quello che abbiamo addosso”. Chi lo sostiene? Meryl Streep, dall’alto di 3 Oscar, che aggiunge di dovere molto ai brillantini pensati per lei da Ann Roth in “Mamma Mia”. “Dovevo essere sexy: un’impresa titanica, praticamente. Quelli mi hanno aiutato”. Prendere nota: non si sa mai.
La mostra, curata da Deborah Nadoolmann Landis, costumista (vedi: “Animal House”;The Blues Brothers”) ma non solo (è autrice di svariate pubblicazioni in materia) è un viaggio strutturato in tre atti: deconstruction, dialogue, final. Deconstruction: dove inizia il lavoro di fashion design. I film sono storie, storie di persone e un costume designer che si rispetti deve sapere esattamente con chi ha a che fare, prima di creargli un look credibile. Dopo? Impossibile prescindere dalla collaborazione (dialogue) con regista e attori. Una sinergia creativa, continua e vivace.
E, at the end, prima dei titoli di coda, il finale: una rassegna che riesce ad essere non banalità ma emozione allo stato puro. Abito di Zucchero Kandinsky (M. Monroe) in “Some Like it Hot”? Presente. Scarpette rosse di Dorothy (Judy Garland) ne “Il Mago di Oz”? Presenti. Tuxedo di James Bond e completo white di John Travolta con la Febbre del Sabato Sera? Idem. Così come le divise da lavoro di Superman, Batman, Catwoman, Spiderman. A proposito di supereroi. La massima dote (e il massimo risultato) per un costume designer? L’invisibilità. Perché se i suoi abiti si fondono nel personaggio come parte della sua identità, magari non nasce una stella di Hollywood, ma quasi certamente una nuova icona finisce dritta nell’immaginario di tutti.
Ps riproduzione di scarpette rosse alla Dorothy disponibile nello store del museo. Comprare subito.
Così come la tenuta da Indiana Jones. Non si sa mai.
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