Raramente capita di andare alla presentazione di un prodotto di bellezza e sentir parlare per un’ora e mezzo di quello che c’è fuori più che di quello che c’è dentro. Questo è quello che è successo invece alla presentazione di Recoffee, linea per capelli e corpo dell’azienda taiwanese O’right, il cui fondatore e ceo, Steven Ko, ha ipnotizzato e stupito anche le più consumate beauty editors grazie alla sua storia di ingegno, volontà e successo, raccontata tra stupore e sorrisi, complice una traduzione dal cinese non priva di brillanti neologismi. Ma veniamo ai fatti. Il prodotto contiene come principio base l’olio di caffè, estratto dai fondi di caffè usati (quelli che il barista getta nel cassetto metallico sbattendo tre-volte-tre il filtro per poi ricaricarlo). La stima è che si consumino 400 miliardi di caffè al giorno nel mondo. La materia prima quindi non manca. Questo olio ha – lo dicono ricerche scientifiche – provati effetti anti-ossidanti, protegge la pelle e i capelli dai danni del calore. Inoltre il carbone attivo che si estrae da fondi assorbe il sebo ed è un delicato agente esfoliante che permette una pulizia profonda, quindi diventa ingrediente di altri prodotti beauty, dal detergente viso al body wash.
La sfida di Steven è stata quella di concepire però tutto il prodotto (e il processo per ottenerlo) in modo sostenibile: l’estrazione dell’olio dai fondi, ad esempio, viene fatta a basse temperature (per contenere i consumi energetici), il flacone si ottiene sempre dai fondi di caffè (da qui il colore che lo contraddistingue) uniti a altri materiali biodegradabili, l’inchiostro delle scritte è di soia e tutto è stato pensato in modo che il flacone medesimo, se opportunamente piantato in terra, possa essere totalmente decomposto e quindi diventare nutrimento per il terreno in meno di un anno. Sorpresi? Aspettate ancora un attimo e sentite questa. In fondo alla bottiglietta dello shampoo da 250 ml sono nascosti alcuni semi di caffè: se piantate la bottiglia, i semi possono generare piantine di caffè (una o anche due) facendo quindi del prodotto una fonte circolare di benefici, ossigeno e materie prime. Ovvio che il progetto del packaging abbia ricevuto due medaglie d’oro per l’innovazione, e l’azienda abbia incassato certificazioni prestigiosissime sulla Carbon Footprint (ovvero la quantità di anidride carbonica emessa, che deve essere sempre contenuta fino a zero), certificazioni che nessuno (lo dice Steven Ko, ma c’è da crederci) nel settore cosmetica, anche quelli che si professano super green, ha ancora ottenuto.
Ci sarebbero moltissime cose da raccontare: tipo che nella sede totalmente green di Taiwan sono attive (cantano e saltano, non so se lavorano anche) ben 700 rane e che il 28 marzo O’right partecipa all’ora della terra (tutti a luci spente dalle 20:30 alle 2130) e che i tappi sono in bambù invece che in plastica – perché non vengono scambiati per cibo e mangiati dagli uccelli marini fino a farli morire, come succede con quelli di plastica – ma non c’è lo spazio sufficiente, a parte per un’ultima cosa: i prodotti saranno disponibili solo attraverso il canale professionale, ovvero nei saloni di parrucchieri. Peccato perché anche io volevo piantare uno shampoo sul balcone…;-)! Comunque visto che lo scopo è diffondere il verbo di Steven e i parrucchieri sono “parlour” per eccellenza, spero che almeno il progetto diventi un argomento di conversazione in tutta Italia. Magari davanti a un caffè…
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