Il giorno 6 mi sono svegliata alle 6. Anzi alle 5 e 30. Alle 6 era fissato l’appuntamento con un istruttore per fare fitness nel parco, il parco Lodhi, un enorme spazio verde, non lontano dal nostro albergo, il Vivanta by Taj Ambassador. Tuta, T-shirt e felpone sono uscita come Rocky Balboa dalla stanza del mio hotel per tuffarmi nella nebbia. Una nebbia densa e luminosa che non si miscelava al buio, rimanevano distanti come amanti rissosi, come acqua e olio e noi lì in mezzo, io e il collega Severino, intrepidi nell’alba di Delhi ad aspettare il nostro istruttore.
Dato che eravamo lì per far del moto, al parco siamo andati in taxi.
“Quanto siete allenati?”
“Non siamo allenati”.
“Facciamo qualcosa di leggero”.
La prima ginnastica l’abbiamo fatta con gli occhi camminando nel viale d’accesso. La luce dei lampioni bucava il buio e si irradiava nella nebbia. Era come attraversare tende impalpabili, da cui spuntavano vecchie signore in tunica (con sotto i pantaloni), giovani in tuta, anziani con pance prominenti e passo svelto, tutta una città sveglia e silenziosa, mobilitata per tenersi in forma, prima che il giorno prendesse forma e li portasse chissà dove.
In uno slargo circolare del viale, ci siamo fermati per iniziare il nostro training. Yoga? No. Meditazione? Neanche. Danza indiana? Magari. Aerobica. Un’aerobica leggera e sostenibile (gli avevamo detto che eravamo due catorci), fatta di salti e passi e galoppo laterale e giri dello spiazzo a ritmo di Excellent e Very Good. Ma sono proprio io – mi ripetevo saltellando indomita sul terreno battuto – sono io che io sto facendo aerobica in un parco in India? C’è qualcosa di miracolosamente insensato nella vita, qualcosa di ingenuo e commuovente che rompe il fiato e ti rimette a posto, come il bianco del giorno che si unisce alla nebbia, e ricompone tutto.
A fine allenamento, abbiamo passeggiato per il parco, fino alla tomba di Mohammed Shah (ce ne sono due più una moschea, questo giardino è una meraviglia e ospita svariate specie di alberi e uccelli) dove, su una panchina di pietra, abbiamo fatto 5 minuti di terapia della risata. Ridere fa bene alla circolazione, al cuore e alla mente. Ma provocarsi una risata sembra impossibile. Invece non lo è: se inspiri tre volte e alla terza espiri risate, più o meno funziona. Inspira-espira, inspira-espira, inspira e….emetti un AH AH AH AHHAHA con voce tonante. Giuro, alla fine, finisci per ridere o per far ridere gli altri, che fanno ridere te, e il cerchio si chiude.
“Tutto sta nel creare il proprio TEAM”, ha confermato l’istruttore, mentre tutti lasciavamo il parco, i delhitesi prendevano le auto o salivano sull’autobus e noi avevamo il nostro taxi. Ma non è l’unico mezzo che abbiamo usato quel giorno: al mercato della vecchia Dehli siamo andati in risciò. Ma questo ve lo racconto nel prossimo post.
Ps: è ufficiale cerco membri per creare un team della risata. Scrivetemi!
Rispondi