Qualcosa di rosso, qualcosa di oro, qualcosa di buffo…Per il pranzo di Natale, impresa epica e ineludibile, a cui ci sottoponiamo ogni anno con umori di crescente cupezza, ci vuole davvero qualcosa che metta di buon umore. A volte mi chiedo perché quelle natalizie siano feste che scatenano tali ondate di tristezza. Intanto, anche se non fa freddo, il clima è tetro e grigio: non un bell’inizio. Con questo clima si passa più tempo a casa, si fanno bilanci che spesso si rivelano paurosamente in passivo (di qui il colore rosso, I presume); ci si ritrova al chiuso e in famiglia, il luogo dove si dibattono i nostri più intimi pensieri stretti tra il passato e il presente, una specie di sala di combustione sempre accesa (da qui forse i bagliori di oro), alimentata da ricordi e nodi mai appianati. Allora, via, se pranzo deve essere che sia almeno vestito di allegria, con qualche dettaglio scaramantico, accessori in oro, maglioni di lana e giubbotti con le renne. Tutto quello che ci tiene al caldo il corpo e il cuore e che ci fa sorridere come Colin Firth – con renna – nel Diario di Bridget Jones da cui si evince che per tutti il Natale ha il sapore dolce-amaro di qualcosa che siamo obbligati a vivere, che non è esattamente il massimo, ma alla fine ci fa riconciliare con la parte più delicata di noi.
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Braccialetto d’argento con charm “ditale”, Keep Out; maglione di lana effetto jacquard, United Colors of Benetton; cappello modello “borsalino” di panno blu, Doria 1905; candela con packaging natalizio, Annick Goutal; borsa di pelle rossa e oro con pattina sostituibile, Brainthropy; Teddy jacket con maniche di raso e maglia con renne, Franklin Marshall; Peep-toe di camoscio verde con coccarda oro, Joshua Fenu; papillon oro in ceramica traforato, Cor sine labe doli
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