_*di Eleonora Gionchi*_
Lo vedo arrivare da lontano, jeans e maglietta bianca, casco in mano: quando si avvicina noto che Francesco Ballestrazzi è molto alto, è gentile ed educato, a dispetto del suo look da macho. Ci accomodiamo nel suo atelier, in Corso Como, dove sarà esposta la sua collezione di cappelli, The Secret Garden- A Story about Hats. Dietro a ogni creazione, una fantasia, una personale visione, una suggestione ispirata dal romanzo di Frances Hodegson Burnett che Francesco ha letto un centinaio di volte da bambino. La vera e propria ricreazione di un mondo.
*Come sei arrivato a creare cappelli?*
Un pò per caso: da bambino alla classica domanda su cosa avrei voluto fare da grande ho sempre risposto “l’artista” ma non avevo mai pensato alla moda, fino a quando non mi sono trovato a lavorare al reparto commerciale di Alexander McQueen, dove ho avuto una sorta di folgorazione scoprendo il forte potere comunicativo della moda. E’ stato però lavorando per Moschino che ho capito di poter iniziare veramente a realizzare cappelli.
*Quanto lo stile di McQueen e di Moschino ti hanno ispirato?*
Da McQueen ho imparato che tutto è possibile, che qualsiasi tipo di fantasia è realizzabile; da Moschino, per il quale tuttora lavoro occupandomi di creare le vetrine di tutte le boutique, ho imparato materialmente a realizzare le mie fantasie, a lavorare qualsiasi tipo di materiale.
*Quando crei un cappello hai in mente la donna che lo indosserà?*
Sinceramente no, per me è fondamentale però che si possa sentire a proprio agio con una mia creazione in testa, che rispecchi la sua personalità.Vedo il cappello come la realizzazione pratica delle idee che una persona ha in testa…per questo in alcuni modelli escono delle farfalle. La voglia di esagerare per dimostrare la propria personalità.
*Pensi quindi che per ogni testa ci sia un suo cappello?*
Sì, ed è quello che mi piacerebbe realizzare in un futuro: creare cappelli “su misura”, pensati esclusivamente per quella persona, un copricapo che identifica appieno la testa che lo indossa. E’ un progetto che mi piacerebbe realizzare anche se è difficile, in Italia si è perso l’uso di indossarli perchè sono considerati accessori “impegnativi” e in un certo senso lo sono, specie economicamente visto il grande lavoro che c’è dietro.
*Quando pensi che si debba indossare un cappello?*
In generale direi che ogni stagione ha i suoi modelli che possono essere portati sempre: in estate un cappello di paglia sta sempre bene, specie al mare, così come d’inverno un cappello di lana o di feltro. Riguardo alle mie creazioni invece il discorso è un pò diverso: a meno che non si è dei personaggi, uscire ogni giorno con un cappello decorato con degli uccellini è un pò impegnativo. Dipende però dall’occasione: per un party, se hai voglia di farti notare, di avere un look diverso dal solito, allora è perfetto!
*Su chi è che vorresti vedere indossata una tua creazione?*
Anna Piaggi, è un mia guru! Ma anche Daphne Guinness o, cavalcando l’onda, Kate Middleton.
*Hai un maestro al quale ti ispiri o che segui?*
Sogno di andare a lavorare da Stephen Jones: dalle sue creazioni si coglie la passione per il suo lavoro ma, soprattutto, il fatto che lui si diverte nel fare il suo lavoro e questo mi piace molto.
*Dove nasce l’idea un nuovo cappello?*
Nasce nella mia testa e da lì prende forma nella realtà, senza schizzi nè bozzetti. Inizio a realizzarlo, usando tutte le tecniche possibili. Molte mie creazioni nascono semplicemente perchè modello un pezzo di stoffa.
*Da bambino volevi diventare un artista: pensi di esserci riuscito?*
Per me il termine “artista” ha un’accezione molto alta, pochissime persone in realtà lo sono. Io non mi ci sento ancora…spero di diventarlo. Alla fine essere artisti è una questione di testa, di esperienze vissute sulla propria pelle che hai modo di raccontare attraverso la tua arte; alla mia età, 29 anni, o sei genio e quindi sei riconosciuto come tale, altrimenti ci vuole molta strada.
*Un suggerimento alle donne?*
Di cercare di riscoprire il piacere del cappello e più in generale di non limitarsi, di giocare con la moda: non è inarrivabile e ci si può divertire.
*”The secret garden -A story about hats”
Atelier ABC, Corso Como 5
Milano*
Rispondi